Page 144 - Goya y el mundo moderno
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MANCA 10
10. Francisco de Goya y
11. Francisco de Goya y Lucientes
Il cane, 1819/1820-1823 Madrid, Museo Nacional del Prado
ni: lo sproposito non consiste solo nel presentare un motivo assurdo, ma anche e soprattutto nel mostra- re questo motivo come l’unico possibile. È allora che lo sproposito diviene grottesco.
È difficile distinguere chiaramente tra grottesco e sproposito in quanto questo si serve di quello per le sue immagini, ma va indicata una differenza: men- tre lo sproposito può essere occasionale – facciamo uno sproposito quando esageriamo o non ci atte- niamo alla ragione, precisa il dizionario –, il grotte- sco fa parte dalla natura delle cose, non è occasio- nale, non è circostanziale, ci appartiene o, per così dire, noi apparteniamo al grottesco, e il grottesco de- finisce un mondo, oltre a perturbare quello abitua- le. Dal punto di vista della “normalità” il grottesco si configura come metamorfosi, non è una deviazio- ne. Gregor Samsa non è uno sproposito, è grottesco e istituisce definitivamente un mondo grottesco, deforme nella sua metamorfosi e tragico: è grotte- sco, e questo è tutto ciò che è. La presenza del grot-
tesco apre prospettive inattese e delinea un mondo fermamente assestato nella deformità. Sebbene pos- sa ricorrere alla fantasia, il grottesco insiste sulla ve- rosimiglianza. Verosimili e grotteschi sono i ritratti di Bacon (cat. XX), le maschere di Solana (cat. XX), i personaggi di Appel (cat. XX) e di Auerbach (cat. XX). Il grottesco può servire a mettere in evidenza la violenza, denunciarla, mostrarne il volto più cru- dele. Picasso lo ha fatto in Sogno e menzogna di Franco (1937, Barcellona, Museo Picasso; cat. XX), lo ha fatto Heartfield nella sua spietata critica del nazionalsocialismo e del capitalismo tedesco (cat. XX). Il grottesco è una maschera che fornisce un punto di vista da cui vedere tutto, alla maniera de- gli specchi deformanti di cui parlava Ramón María del Valle-Inclán per spiegare la natura dell’esperpento (deformazione, grottesco).
Il turbamento si produce quando non esiste al- cuna via d’uscita, la via d’uscita che la satira pro- mette sempre, ma che il grottesco non può garanti- re. È il tratto che definisce le Pitture nere (1819/1820- 1823, Madrid, Museo Nacional del Prado) nella “sintesi” del Cane (fig. 11) e, prima, del burattino umano ghermito dalle Parche di Atropo (fig. 12), fi- gure che hanno inquietato i pittori fino a oggi, per- fino Jorn, Motherwell, Rainer, Millares, Saura. È sta- to affermato qualche volta che le Pitture nere della “Quinta del sordo” (la casa del pittore nei pressi del Manzanares) sono una sorta di “Cappella Sistina della modernità”: non un grande tempio, ma una modesta casa borghese, non una storia religiosa sul- l’inizio e la fine del mondo, con il giudizio da parte di un Dio onnipotente, ma una storia da incubo sul- la violenza, la repressione, l’irrazionale e l’assurdo, sempre mescolati a un piacere che non esclude la sof- ferenza né il male, in cui non c’è nessun giudizio, nes- suna finalità o destino, solo il trascorrere del tempo e lo sguardo finale di un animale.
Nei suoi ultimi anni a Bordeaux, Goya non ave- va dimenticato i soggetti di quei dipinti né il loro si- gnificato. Realizzò alcuni ritratti e litografie di tema taurino, ma soprattutto numerosissimi disegni, gli Album G e H, in cui si trova la stessa atmosfera. I pazzi cui abbiamo fatto riferimento prima, scene di violenza, esecuzioni, incubi e follie, qualche consi- derazione sulla guerra, come quella del disegno in- titolato Figura allegorica: La guerra (1824-1828, Madrid, Museo Nacional del Prado; fig. 13), una fi- gura femminile di età indefinita – certo non vecchia
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