Page 143 - Goya y el mundo moderno
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9. Francisco de Goya y Lucientes
L’ospedale degli appestati, 1798-1800 circa
Madrid, collezione marchese de la Romana
dalle sue vette e l’ha collocata proprio nel cuore del manicomio. Si usa parlare di “discesa agli inferi”, ci sembra un’espressione eccessivamente enfatica per descrivere l’operazione compiuta dal maestro spa- gnolo, è un’espressione che pone la discesa nell’am- bito dell’eccezionalità: ciò che caratterizza i disegni, le incisioni e i dipinti di Goya è invece la quotidia- nità, l’assenza di eccezionalità; quello che il pittore intende mostrare è il mondo di tutti i giorni. È que- sto il tratto distintivo del grottesco. Il pazzo, per co- sì dire, è pazzo di natura, è un individuo divenuto pazzo, la follia è la caratteristica che lo contraddi- stingue, che ne definisce la personalità. Il pazzo è al di là della satira: dato che non può smettere di esse- re ciò che è, dato che si è trasformato in uno spec- chio rovesciato nel quale possiamo guardare noi stes- si, ecco perché va rinchiuso. Goya lo tira fuori dal suo isolamento.
Non solo rappresentare la metamorfosi e la deformazione, ma farne il segno distintivo della quo- tidianità. Kayser ha insistito su questo punto. Dopo aver analizzato il concetto di grottesco nei romanti- ci tedeschi, in particolare in Friedrich Schlegel e Jean Paul, conclude che vi si trovano molte delle caratte- ristiche del grottesco, come la confusione e la me- scolanza eterogenea, ma manca in loro un tratto es- senziale: “l’assenza di sostegno, il carattere abissa- le, l’emozione”6, la vertigine che secondo Baudelai- re è connessa al comico assoluto. Il romantico tede- sco ha una “possibilità di fuga”, fugge verso il cielo
o verso la bellezza, verso la fantasia e il sogno, nel- lo stesso modo in cui Burke, nel parlare del sublime negativo, terrificante, fuggiva verso il piacere.
Il grottesco non si identifica con la deformità o, meglio, non è solo deformità. La deformità appare lungo tutta la storia dell’arte e della letteratura, di solito legata alla satira, all’ironia e alla critica. Il deforme rimanda al non-deforme, rispetto al quale costituisce un’aberrazione che può essere corretta: contemplare la deformità ci induce a correggerci. Proprio per questo non è, in senso stretto, radicale: può essere evitata, può essere emendata. La defor- mità del grottesco è un passo oltre: non può essere evitata poiché appartiene alla natura stessa. Quel passo lo ha compiuto Baudelaire nel parlare della natura satanica dell’essere umano, e prima di lui lo aveva già compiuto Goya.
La deformità delle vecchie e dei vecchi dell’arti- sta aragonese non è una condizione transitoria, ov- vero: lo è, non esistono altre condizioni che quelle transitorie, non c’è altro che la temporalità a mar- care con la sua ambiguità la natura umana. Siamo così abituati a dire temporalità e ad associare l’idea con il suo opposto, atemporalità, che quando pen- siamo a una circostanza immediatamente percepia- mo un altro mondo che la trascende e, così, la su- blima. Goya è ben cosciente di questa regola quan- do disegna e stampa i Disparates. Follia è non pen- sare che esista un mondo normale oltre a quello che ci viene imposto come un incubo in queste incisio-
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